Idee per un progetto condiviso

Le idee che qui vi propongo sono una prima base di discussione per un dialogo esteso a tutta la comunità. Attendo di incontrarvi per discuterle, arricchirle e farne il nostro progetto condiviso.

Alla nostra Alma Mater serve profondo rispetto delle idee e dei contributi che ciascuno può dare, serve una governance con capacità d’ascolto e capacità di sintesi condivisa, serve un metodo del confronto praticato ad ogni livello, attraverso incontri periodici con tutto il personale, regolari assemblee di area per rinsaldare la comunità e includere tutte le sue componenti, consultazione attraverso gruppi tematici.

Intendo favorire il coinvolgimento diretto e fattivo di tutte le cariche elettive nei processi decisionali, e garantire incontri periodici dei Direttori di Dipartimento con il Rettore, dei Coordinatori di Corso di Laurea con il Prorettore alla didattica, dei Delegati alla ricerca e dei Coordinatori del Dottorato con il Prorettore alla ricerca, dei Responsabili delle Unità Organizzative di Sede con il Rettore ed i Presidenti di Campus. Il coinvolgimento diretto deve partire da una struttura organizzativa che favorisca una partecipazione attiva e reale, stimolando ognuno a portare idee e a vivere l’Ateneo nelle sue diverse forme. In questi anni abbiamo lasciato deperire troppe idee e troppi progetti che solo le strutture possono portare.

Nessuno deve più sentirsi lasciato a se stesso, in un lavoro spesso affannoso e senza programmazione: gli incontri di queste settimane mi hanno confermato che questa è una sensazione diffusa, e dunque il punto più urgente su cui intervenire.

La governance d’Ateneo che ho in mente è al servizio delle strutture, di chi si assume responsabilità gestionali, di chi lavora nelle aule o negli uffici, nelle corsie, nei laboratori o nelle biblioteche, per il bene dei nostri studenti e della società.

Alla nostra Alma Mater serve una nuova centralità, non solo nei ranking – sui quali andrà esercitata tutta la nostra vigilanza e giocato tutto il nostro peso – ma anche nella cultura e nella politica del Paese.

Dobbiamo promuovere e far emergere tutta la nostra ricchezza scientifica e culturale, che è immensa e troppo spesso espressa al di sotto delle sue reali potenzialità: dobbiamo garantirne il coordinamento e la promozione; dobbiamo sostenerla e aiutarla a rendersi visibile all’esterno, in ogni sede, internazionale, nazionale e locale.

La nostra forza culturale e scientifica ci rende all’altezza di ogni interlocutore politico, economico e sociale. Saremo ancora più ricchi e innovativi se favoriremo sempre più la diversità e la contaminazione dei saperi. La nostra autorevolezza ci deve consentire di dialogare con i decisori nazionali e regionali e di contribuire a orientarne le scelte, ad ogni livello: dalla distribuzione delle risorse alle norme su ricerca e didattica, dal diritto allo studio all’internazionalizzazione, dai rapporti con il mondo del lavoro alla tutela e allo sviluppo dell’area medica. Forti di tutto questo, dovremo avere un rapporto sempre più diretto e intenso con le amministrazioni di tutte le città del Multicampus e con la Regione, e rivendicare un ruolo decisivo nel concordare strategie di sviluppo e linee di intervento.

Alla nostra Alma Mater servono un reclutamento più flessibile e mirato a livelli di eccellenza, e maggiore responsabilizzazione dei Dipartimenti, anche attraverso procedure di selezione differenziate e orientate ai migliori standard internazionali da perseguire con il supporto  dell’amministrazione; serve una difesa della grande diversità multidisciplinare, che è la nostra eccezionalità e la nostra ricchezza, con uno sviluppo adeguato dei gruppi, sia grandi che piccoli: perché il valore aggiunto di UniBo è la trasversalità, e solo UniBo può (e deve) sostenere ogni gruppo disciplinare che – per quanto esiguo – rappresenti una potenziale eccellenza culturale e scientifica. Vanno decisamente incentivati gli interventi che consentano di rafforzare, quando è strategico per uno sviluppo armonico di tutto l’Ateneo, le sedi della Romagna.

I Dipartimenti devono poter contare su tutto quello di cui hanno bisogno, e su una maggiore libertà nelle scelte e nella determinazione dei budget. Abbiamo bisogno di interventi mirati, non di soluzioni uniformi; vanno evitate distribuzioni a pioggia, e ci serve flessibilità nell’uso degli algoritmi distributivi. Dobbiamo sfruttare il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” attraverso una consultazione ampia per raccogliere le idee migliori.

Alla nostra Alma Mater serve una governance equilibrata nella rappresentanza, equilibrata nel genere, fondata sempre sulla competenza riconosciuta e indiscutibile dei suoi membri. La competenza sarà la stella polare nella scelta delle delegate e dei delegati: l’esperienza maturata sul campo e le capacità comprovate qualificheranno ogni membro della squadra. Le deleghe dovranno essere il più possibile allineate alle aree dell’amministrazione, e i mandati dovranno essere chiari; in alcuni ambiti particolarmente delicati e complessi, i delegati possono essere affiancati da colleghi provenienti da aree differenti per aumentare la trasversalità, la collegialità e la rappresentatività di tutti gli ambiti.

Negli Organi Accademici la rappresentanza andrà rafforzata con misure concrete, ad esempio con commissioni miste SA-CDA su tematiche strategiche come programmazione ed edilizia. La trasparenza delle attività degli Organi dovrà essere seriamente potenziata tramite procedure di costante e regolare confronto fra elettori ed eletti. In questi anni si è parlato molto di “comunità”: ma la comunità va realizzata ogni giorno, con attenzione costante e con atti concreti.

Alla nostra Alma Mater serve una chiara distinzione tra vertici politici e amministrazione: ai vertici politici e agli Organi dell’Ateneo spetta definire le linee, all’amministrazione decidere i modi più efficaci per attuarle; un orientamento politico netto, coraggioso e lungimirante negli obiettivi garantisce efficienza ed evita improprie ingerenze sui processi amministrativi.

La nostra macchina amministrativa ha bisogno di una manutenzione forte – dove serve ‒ ma senza nuove riorganizzazioni radicali. Urge una semplificazione di tutti i processi amministrativi, e in particolare di quelli che coinvolgono più aree dell’Ateneo, una più ampia condivisione delle buone pratiche, una crescente flessibilità nei processi, un deciso sforzo verso la digitalizzazione.

Alla nostra Alma Mater servono immediate azioni volte a valorizzare, motivare e coinvolgere il personale tecnico e amministrativo, i bibliotecari e i CEL: tutto il personale in questi anni ha manifestato una crescente e più che motivata insoddisfazione. Il personale non vuole facili promesse, ma impegno alla discussione e all’ascolto delle esigenze.

Abbiamo bisogno di una distribuzione del personale trasparente e razionale rispetto a personale docente e ai carichi di lavoro, dobbiamo promuovere modelli di interazione virtuosa tra personale tecnico amministrativo e ricercatori, e mirare a un rinnovato equilibrio fra amministrazione centrale e strutture; quest’ultimo non è un fatto di mera aritmetica: le strutture hanno bisogno del personale giusto, per poter lavorare meglio, crescere in maniera razionale, raggiungere gli obiettivi che ci proponiamo.

È necessario individuare la quota di punti organico da destinare esclusivamente al reclutamento del PTA, a partire dalla garanzia del turn-over, incrementandolo in ragione del reale fabbisogno, anche definito in rapporto col personale docente.

In questa ottica, occorre un regolare reclutamento con programmazione a medio-lungo termine dei bandi.

Tra le azioni per promuovere il miglioramento retributivo e di carriera:

  • occorrono Progressioni Economiche Orizzontali regolari, veloci e distribuite su tutte le categorie e le aree tecniche e amministrative;
  • analogamente, occorrono Progressioni Economiche Verticali regolarmente programmate, per tutte le categorie e le aree tecniche e amministrative;
  • il regolamento conto terzi va seriamente ripensato a beneficio di tutti: lavoriamo insieme per sfruttarne maggiormente le potenzialità di integrazione reddituale.

Ciò, all’interno di un ripensamento ed un ampliamento delle fonti utilizzabili per il riconoscimento della produttività del personale (conto terzi + overhead + compenso aggiuntivo + fondo premialità + eccellenza ecc…).

Il nuovo contratto integrativo deve essere discusso con tutte le rappresentanze del personale direttamente dal Rettore (un contratto siglato a fine mandato è inopportuno).

È necessaria una incisiva azione a livello nazionale per allentare i vincoli che limitano la numerosità di PEV e PEO.

Dobbiamo mirare a:

  • pari opportunità di crescita professionale nei ruoli in Amm.ne Generale, nei Dipartimenti ed in tutte le strutture dell’Ateneo;
  • promuovere la formazione continua;
  • sfruttare le opportunità delle forme di lavoro agile in modo efficace ed equilibrato, evitando che il lavoro “agile” diventi un obbligo al lavoro permanente: servono regole chiare e pattuite, a partire dal reale diritto alla disconnessione;
  • potenziamento dello strumento del part-time;
  • affermare una politica di continuo miglioramento della sicurezza sul lavoro.

Dobbiamo coinvolgere di più il personale e favorire la mobilità quando serve a restituire motivazione.

Serve infine un ripensamento delle rappresentanze del personale negli organi, e delle modalità di voto del Rettore: mi impegno ad avviare subito, su questo punto, un serrato confronto politico con gli organi, prima di intraprendere una nuova riforma dello Statuto.

Alla nostra Alma Mater servono misure che garantiscano la centralità dei Dipartimenti nella progettazione della didattica, per assicurare il necessario raccordo con la ricerca, e per promuovere al contempo ogni forma di collaborazione interdisciplinare a tutela della qualità dell’offerta formativa. Dobbiamo mirare a un più chiaro e funzionale processo di gestione della didattica, che parta da commissioni dipartimentali, ma si giovi anche di tavoli di lavoro trasversali che coinvolgano i Direttori dei Dipartimenti o i loro delegati alla didattica e aiutino a recuperare funzioni di coordinamento talora indispensabili.

Dobbiamo favorire e incentivare sperimentazioni di didattica mista strutturata, ma evitare decisioni centralizzate che non coinvolgano realmente docenti e studenti. Dobbiamo avviare una riflessione sulla digitalizzazione e sulle forme di didattica imposte dalla pandemia, valorizzando le innovazioni, mettendo a frutto le opportunità, ma anche ribadendo la centralità delle aule reali e della reale relazione docente-studente.

Dobbiamo essere più decisi e trasparenti nell’individuare i bisogni di spazi e di fondi, secondo chiare priorità di esigenza. Dobbiamo incrementare le azioni di supporto ai corsi internazionali e a quelli interdisciplinari ben oltre la fase di lancio, rafforzando le aree amministrative di competenza e garantendo ai coordinatori e ai Dipartimenti un sostegno costante.

Alla nostra Alma Mater servono scelte coraggiose e di avanguardia nell’edilizia: il punto non è costruire per costruire; il punto è come costruire, e soprattutto come riqualificare il patrimonio edilizio esistente.

Dobbiamo essere sempre più un modello internazionale nel ricorso a materiali sostenibili, nella capacità di rendere i nostri edifici accessibili a tutti, nella lotta agli sprechi, nell’eliminazione di materiali plastici usa e getta, nel risparmio energetico, nell’uso di bioenergie, nella transizione green, nella valorizzazione del verde di Ateneo.

Dobbiamo far sì che i docenti, il personale, gli studenti vivano e lavorino in ambienti costantemente sottoposti a una cura che li renda funzionali e confortevoli: la riqualificazione degli edifici e degli ambienti è senza dubbio un progetto edilizio importante quanto l’avvio di nuove costruzioni.

L’Alma Mater deve porsi come riferimento per la sostenibilità, tanto nella programmazione degli interventi strutturali, quanto nel coinvolgere i singoli nell’adozione di comportamenti virtuosi attraverso azioni concrete per migliorare la vita di tutti contribuendo alla tutela dell’ambiente.

Partendo dalle azioni avviate con Multicapus Sostenibile, l’Alma Mater deve porsi come riferimento e modello esemplare per la sostenibilità, tanto nella programmazione degli interventi strutturali, quanto nell’incentivare i singoli ad adottare comportamenti virtuosi; attraverso azioni concrete potremo contribuire alla tutela dell’ambiente e, più in generale, migliorare la vita di tutti.

Mettere la sostenibilità al centro significa farne un elemento caratterizzante e trasversale della vita accademica, senza limitarla alle implicazioni ambientali, pur rilevantissime, ma declinandola nelle sue diverse dimensioni, a partire da quella sociale ed economica; ciò include quindi l’organizzazione del lavoro, la gestione del tempo, la qualità della vita professionale, riducendone il peso sulla sfera privata.

La sostenibilità deve rappresentare un’ambizione non soltanto per l’Ateneo, ma anche per chi lavora con noi. Per questo motivo è importante identificare nuove forme di accordi che portino l’Ateneo, i suoi finanziatori, i suoi fornitori, e tutti gli attori che partecipano alla vita accademica a prendere impegni per l’adozione di comportamenti virtuosi.

Un obiettivo così ambizioso richiede una condivisione ampia, l’impegno di tutte le aree, e uno strumento concreto per facilitare il suo raggiungimento. A questo scopo occorre costituire un comitato tecnico scientifico rappresentativo delle diverse aree, che possa supportare un prorettore alla sostenibilità; comitato e prorettore dovranno avere gli strumenti idonei per guidare la rivoluzione culturale, formativa e tecnologica necessaria per promuovere quella transizione ecologica che viene richiesta dalle istituzioni, ma soprattutto dai nostri studenti.

Alla nostra Alma Mater serve un potenziamento della ricerca di base attraverso finanziamenti regolari su progetti di Ateneo e incrementi dell’RFO nelle aree che hanno più raramente accesso a entrate da progetti e contratti.

Occorrono più spazi per laboratori scientifici e tecnologici; più investimenti per strumenti di ricerca e per centri di servizio trasversali; piani per il reclutamento di tecnici di laboratorio specializzati e di personale di supporto alla progettazione e alla rendicontazione della ricerca. È necessario aiutare tutti i colleghi a partecipare in modo efficace a bandi competitivi, rafforzando il supporto allo scouting e alla progettazione di bandi, così come è necessario semplificare le procedure di contrattazione. È indispensabile chiarire il ruolo dei CIRI come interlocutori per la ricerca industriale trasversale e valutare assetti amministrativi che consentano gestioni efficienti.

Dobbiamo investire nell’interdisciplinarietà, con azioni concrete che permettano di stimolarla superando le barriere che ne limitano lo sviluppo. In linea generale, vanno ripensate le modalità di valutazione della ricerca per restituire ampi margini di autonomia ai Dipartimenti.

È essenziale riaffermare la funzione sociale dell’Università, valorizzando i servizi che possiamo offrire al territorio, ponendo maggiore attenzione al coinvolgimento dei cittadini e delle comunità nella progettazione di forme di ricerca che rispondano ai bisogni reali dei luoghi in cui operiamo. La terza missione, su cui tanto stiamo investendo, deve favorire lo sviluppo di innovazione sociale e la creazione di nuovi spazi e forme di inclusione.

Le biblioteche sono i laboratori dell’area umanistica e come i laboratori vanno potenziate: in spazi, risorse, personale a supporto, anche in un quadro di equilibrato rapporto fra centralizzazioni e autonomia. Dobbiamo immaginare forme di premialità e di compensazione – in tempo restituito alla ricerca prima ancora che in denaro – per tutti coloro che assumono responsabilità gestionali o sostengono incarichi didattici particolarmente onerosi.

Il PNRR è certamente una opportunità di finanziamento, ma allo stesso tempo rende evidente come la politica indirizzi sempre più le scelte di ricerca nazionali, lasciando sempre meno autonomia agli Atenei sugli indirizzi della ricerca. Serviranno pragmatismo, forte coordinamento e condivisione delle scelte per accedere ai finanziamenti; e servirà soprattutto riequilibrare internamente la distribuzione delle risorse, con un sostegno mirato a chi non beneficerà direttamente dei finanziamenti, che ancora una volta premiano soprattutto la ricerca applicata.

Alla nostra Alma Mater ‒ e a tutta la nostra società ‒ serve riaffermare con forza la centralità di studentesse e studenti, anche agli occhi di una pubblica opinione che troppo spesso li considera un problema da risolvere, non una straordinaria risorsa da valorizzare. E su questo punto UniBo dovrà far sentire molto forte la sua voce: il Comune di Bologna, e tutti i Comuni del Multicampus, possono diventare parte di un ecosistema università-città che non ha pari nel Paese; e su questo è interesse di tutti investire energie e risorse; è interesse economico, ma anche e soprattutto interesse politico e civile: le nostre studentesse e i nostri studenti sono il futuro che va preparato e curato oggi, non domani o dopodomani.

Credere nella centralità di studentesse e studenti significa: ascoltare e favorire un coinvolgimento attivo nella progettazione delle soluzioni; riaffermare il ruolo cruciale delle elezioni studentesche, che l’Ateneo deve considerare importanti come quelle di tutti i suoi Organi accademici, e promuovere di conseguenza; aumentare con decisione gli spazi di studio e di socialità; aumentare i servizi in tutte le sedi del Multicampus: dai servizi sanitari e di supporto psicologico a quelli sportivi, dall’orientamento in entrata e in uscita al sostegno per chi lavora; esercitare una costante vigilanza sul mercato degli affitti, siglando nuovi patti con i Comuni del Multicampus anche sulla base di nuove tipologie contrattuali; potenziare l’assistenza gratuita nella ricerca della casa e nella tutela dei propri diritti; promuovere un rapporto diretto e coordinato con realtà imprenditoriali e del terzo settore, per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro.

UniBo, con tutte le sue città, può e deve diventare un modello nazionale per il coinvolgimento e l’accoglienza degli studenti; e deve incidere, a livello nazionale, perché tali modalità di coinvolgimento e di accoglienza si diffondano ovunque.

Alla nostra Alma Mater serve proseguire con forza nella direzione di un’Azienda territoriale universitaria. Abbiamo bisogno di un rapporto univoco e di un’interlocuzione diretta da parte del Rettore con Regione e Aziende sanitarie, dopo ampia consultazione con tutti i docenti interessati, con i Direttori di Dipartimento, il Presidente della Scuola e i Direttori degli IRCCS.

Priorità dell’Ateneo devono essere la difesa del ruolo dell’Università nel sistema sanitario Nazionale, il sostegno alle specifiche esigenze dei docenti di area medica e la difesa delle prerogative del personale universitario in convenzione.

La torre biomedica diventerà un centro di ricerca trasversale e aperto, e necessita di investimenti in strumentazioni e personale tecnico a supporto, ma nel contempo occorre valorizzare le esigenze degli altri laboratori che devono continuare a operare in specifiche e adeguate strutture.

Occorre sostenere la realizzazione dei corsi di medicina in Romagna mediante una coerente e attenta programmazione dei ruoli, per favorire una didattica moderna ed efficiente.

Alla nostra Alma Mater occorre ritrovare il senso di comunità, investendo sull’inclusione e supportando ogni membro del nostro Ateneo nella gestione delle continue trasformazioni che rendono sempre più difficile mantenere l’equilibrio tra lavoro e vita privata. È necessario pensare a nuovi servizi o potenziare quelli esistenti: investire in attività culturali che coinvolgano studentesse e studenti; progettare laboratori e azioni per coinvolgere giovani con disabilità e in situazione di disagio; potenziare le attività sportive; rafforzare i servizi di prossimità e le attività di cura.

Dobbiamo supportare i giovani ricercatori nelle fasi iniziali del loro percorso guidando la progettazione della carriera per chi è a tempo determinato: UniBo per ora sta assumendo, ma deve anche saper accogliere, integrare, far sentire a casa coloro che per la prima volta arrivano nel nostro Ateneo.

Negli ultimi anni la dimensione internazionale dell’Ateneo è cresciuta in modo significativo mantenendo sempre alcune caratteristiche di fondo: l’integrazione nella visione generale dell’istituzione, una chiara dimensione trasversale, un alto grado di differenziazione nelle modalità in cui le azioni vengono portate avanti dai Dipartimenti.

Se vogliamo che l’internazionalizzazione diventi una dimensione caratterizzante per il nostro Ateneo occorre:

  • semplificare la burocrazia, che limita lo sviluppo in diversi ambiti, inclusa l’assunzione di docenti internazionali;
  • potenziare l’offerta linguistica tanto per il personale docente che tecnico-amministrativo;
  • razionalizzare e consolidare i percorsi internazionali puntando sulla qualità, non sull’astratta quantità, e partendo da una visione condivisa che permetta di valorizzare e comunicare con efficacia il carattere distintivo della nostra offerta formativa;
  • identificare chiaramente aree di intervento prioritarie, come ad esempio Africa e Asia Centrale, dove concentrare le attività;
  • valorizzare la molteplicità di esperienze che emergono nelle diverse aree mettendole a sistema per incrementare il loro impatto;
  • progettare e sviluppare nuove forme di mobilità internazionale per gli studenti, ad integrazione di quelle tradizionali. 

 

L’altra dimensione su cui occorre compiere scelte più decise è la cooperazione allo sviluppo. Negli ultimi anni abbiamo coinvolto gli studenti in programmi come AlmaEngage e Fieldwork e ci siamo impegnati nella creazione di percorsi di studio e integrazione, come i corridoi universitari per giovani rifugiati (UNICORE). Lo abbiamo fatto con intenzioni positive, ma investendo risorse spesso limitate.

Se vogliamo garantire un sostegno adeguato a studenti e ricercatori e massimizzare il supporto ai territori e alle comunità dove operiamo occorre:

  • realizzare le condizioni per poter offrire maggiore supporto agli studenti in partenza e servizi adeguati per l’accoglienza e il sostegno a un numero crescente di studenti in arrivo;
  • investire sulle competenze della componente amministrativa;
  • aumentare la capacità di collaborazione con gli altri operatori del settore;
  • sviluppare interventi che coinvolgano e valorizzino diverse aree dell’Ateneo e che garantiscano la formazione di capitale umano locale e la sostenibilità e replicabilità degli interventi posti in atto.
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